VITERBO – Il numero è esorbitante. Secondo le associazioni dei consumatori, sono circa quattrocento i risparmiatori della Tuscia che hanno visto andare in fumo i propri risparmi (chi completamente, chi solo in parte) investiti nelle obbligazioni della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, istituto salvato dal Governo Renzi con il decreto Salva Banche a spese dei risparmiatori, insieme a CariFerrara, CariChieti e Banca Marche. Nel Viterbese la vicenda riguarda però esclusivamente la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, dato che sul territorio non ci sono sportelli degli altri tre istituti coinvolti.
''Siamo persone normali, mica speculatori o squali d'alta finanza come vuole dipingerci il Governo'' dicono, divisi a metà tra l’incredulità per quanto accaduto e la rabbia per aver perso i propri soldi. Ieri mattina alcuni di loro si sono ritrovati nella sede viterbese dell'Adusbef, Associazione difesa consumatori ed utenti bancari, finanziari ed assicurativi, in via Garbini, tutti accomunati da quella che denunciano come la responsabilità principale dell'istituto di cui sono ancora clienti: non averli messi pienamente a conoscenza di ciò a cui andavano incontro.
Al momento sono in diciassette i cittadini viterbesi coinvolti che si sono rivolti all'associazione per ottenere assistenza, ma il numero, visto il totale degli investitori interessati, è destinato ad aumentare. Tra di loro ci sono pensionati, casalinghe, imprenditori, dipendenti, persone giovani e meno giovani che hanno investito il proprio denaro in azioni e obbligazioni subordinate di Banca Etruria, alcuni con cifre modeste, altri con importi che si aggirano persino sui 100mila euro, attirati da interessi mediamente alti ma non pienamente consapevoli dei rischi reali. Rischi che dopo il decreto Salva Banche si sono tramutati in un vero e proprio incubo, riducendo sul lastrico quasi 150mila investitori in tutta Italia.
''Da quanto appreso dai casi che ci sono stati fino ad oggi sottoposti – spiega l'avvocato Carmelo Ratano, referente a Viterbo dell'Adusbef – è mancata soprattutto una completa informazione sui prospetti di rischio e su quella che era la situazione finanziaria reale dell’istituto''.
''Ho investito con Banca Etruria 30mila euro che mi hanno lasciato i miei genitori in eredità – racconta una donna presente all’incontro dell’Adusbef -, vivo sola con il mio stipendio, quei soldi ho pensato che era meglio tenerli per il futuro. E invece li ho persi. Ho anche altre piccole forme di investiemnto, mai nessuno mi ha avvertito del rischio che correvo”. Le storie sono tante, ma tutte simili, e riguardano investitori di lungo corso ma anche clienti più recenti, che hanno acquistato prodotti finanziari anche dopo le ispezioni della Banca d’Italia sull’istituto di credito toscano. “Obbligazioni subordinate – chiarisce Ratano – sono state vendute fino a poche settimane prima del decreto Salva Banche”.
Già, soprattutto obbligazioni subordinate. Stando ai racconti degli interessati, si tratta di soluzioni finanziarie spesso sottoscritte dietro la rassicurazione di star facendo investimenti sicuri, magari in occasione dell'accensione di un mutuo, o a fronte della promessa promozionale del costo zero per il bancomat o per altre operazioni bancarie. Alcuni dei presenti alla riunione dell'Adusbef hanno raccontato di aver persino ricevuto, più volte, a domicilio la visita dei consulenti finanziari della Banca Etruria, disponibili a visitare i clienti in uffici o sedi di aziende per convincerli a comprare titoli che garantivano buone rendite con tassi vantaggiosi. Pur sapendo che la mancata sottoscrizione delle obbligazioni all'interno di una filiale, materiale o virtuale (on line) ma comunque istituzionale, potrebbe rendere non validi quei contratti che oggi pesano come macigni sulle spalle dei clienti che hanno perso i propri soldi. E magari, forse, anche sulle coscienze di chi quegli investimenti li ha proposti, contando sulla buona fede dei clienti e sui rapporti di fiducia creatisi nel tempo.
Cosa resta da fare ora a chi è rimasto con in mano solo un pugno di mosche? “Innanzitutto recuperare più documenti possibile, formando un dossier – spiega il referente Adusbef -. Consigliamo di scaricare dal portale di Banca Etruria entro il 31 dicembre tutti dati relativi ai propri conti e ai propri investimenti, perché dal primo gennaio 2016 l'istituto di credito sarà sostituito dalla Nuova Banca Etruria, una banca che è capitalizzata e sicura''. Reperire il materiale, però, non è semplice al momento: allo sportello di via Vicenza ci sono infatti da giorni file chilometriche di risparmiatori furiosi, che lamentano difficoltà nel farsi consegnare certificati e documenti sui propri investimenti finanziari, nonostante fornirli ai clienti sia un obbligo di legge.
Adusbef consiglia quindi di darsi da fare per recuperare al più presto documenti come contratti di collocamento e negoziazione; ordine di sottoscrizione o acquisto di azioni o obbligazioni subordinate; lettere di comunicazioni inviate da Banca Etruria, con particolare riferimento ad estratti conto, titoli, variazioni dei profili di rischio; moduli di opzione di sottoscrizione delle obbligazioni subordinate ed eventuali moduli di opzione sottoscrizione delle azioni in aumento di capitale; schede prodotto e valutazioni di adeguatezza; questionario MiFid ed estratto dossier titoli ante 22 novembre 2015, data di entrata in vigore del decreto Salva Banche. ''Escludiamo una class action – spiega l’avvocato Ratano – perché ogni caso è a sé e va analizzato singolarmente. Ma l’Adusbef fornirà supporto informativo e tecnico, attraverso un nucleo di esperti del settore, ai risparmiatori coinvolti nella vicenda Banca Etruria, così da studiare insieme quali azioni giudiziarie individuali sarà possibile intraprendere sia in sede penale che civile''.
Dopo il varo del contestato decreto Salva banche, ora il Governo Renzi sta cercando un rimedio per i risparmiatori coinvolti dagli effetti nefasti di tale provvedimento: si parla della costituzione di un fondo di solidarietà pari a 100 milioni di euro, che predisporrà rimborsi percentuali in base al reddito e all’Isee di chi ha perso i propri soldi. Incerto il ruolo di arbitro della Consob. Secondo Adusbef, tuttavia, si tratta di provvedimenti non risolutivi. ''Non sono soluzioni valide, viste così – conclude l’avvocato Ratano -. Se pensiamo che i clienti della sola Banca Etruria, la più piccola delle quattro, hanno perso circa 300 milioni di investimenti, 80 milioni sono una cifra minima. Il rimborso, poi, sarà destinato a chi risulterà quasi indigente, ma anche qui si tratta di un paradosso: è chiaro che parliamo di persone che, chi più chi meno, avevano qualche risparmio da investire. Chi è indigente va a cercare soldi per mantenersi, mica compra titoli finanziari''. Danno e beffa, in questa vicenda, sembrano proprio voler procedere di pari passo.