ANNO 25 n° 117
Si teme la vendetta degli ultrà
Martedì a Roma erano scattati i presidi delle forze dell’ordine al Policlinico Umberto I dove era ricoverato Daniele De Santis
26/06/2014 - 10:05

VITERBO – Si teme una escalation di vendette da parte di frange del tifo organizzato napoletano. Per questo, nella giornata di ieri, Daniele De Santis è stato trasferito dal policlinico Umberto I di Roma alla struttura protetta dell’ospedale Belcolle, ritenuta “più sicura” del nosocomio romano.

“Il complesso medico penitenziario del capoluogo è un vero e proprio carcere”. E sarebbero dunque scongiurati eventuali episodi di violenza.

L’ultrà romanista è accusato di omicidio volontario perché ritenuto l’esecutore materiale della sparatoria avvenuta il 3 maggio scorso a Roma, in occasione della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina. I colpi d’arma da fuoco erano arrivati in un crescendo di violenza e follia: guerriglia tra bande di tifosi e caccia ai poliziotti, insultati e accerchiati. Alla fine la partita s’era fatta, mentre Ciro Esposito veniva ricoverato in pericolo di vita al policlinico Gemelli. All’alba di ieri, mercoledì 25 giugno, si è spento dopo cinquanta giorni di degenza nel reparto di rianimazione del nosocomio capitolino.

“Mi ha sparato lui”, avrebbe detto Esposito ad alcuni suoi familiari che, in ospedale, gli avevano mostrato le foto di De Santis apparse sui giornali. I parenti che hanno ricevuto la confidenza saranno presto sentiti dalla Digos di Roma, così come disposto dai pubblici ministeri capitolini, Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio. Gli stessi che, adesso, dovranno nominare un perito per l’esecuzione dell’esame autoptico sulla salma del tifoso del Napoli.

Martedì, quando è iniziata a circolare la notizia dell’aggravamento delle condizioni di salute di Esposito, nella Capitale era scattato il piano sicurezza: polizia e carabinieri avevano presidiato tutti quei luoghi ritenuti 'caldi' o particolarmente sensibili. Come l'ospedale Umberto I dove si trovava De Santis. 

Nel capoluogo non si temono episodi di violenza e, almeno per il momento, non sarebbe stato pianificato alcun dispositivo. Anche perché gli esponenti del tifo organizzato partenopeo cercano di allontanare lo spettro di altre aggressioni e respingono l'ipotesi che esistano intenzioni vendicative nei confronti degli avversari giallorossi. Un appello in questa direzione è arrivato anche dalla famiglia del giovane tifoso deceduto. 'A nome di tutta la famiglia dico a tutti basta violenza', ha detto Vincenzo Esposito, zio del giovane tifoso.




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