ANNO 25 n° 117
''Ecco com'è cambiata la vita a Parigi''
Daniele Zena, ingegnere viterbese che vive nella capitale di Francia,
racconta come gli attentati del 13 novembre hanno stravolto la quotidianeità
04/01/2016 - 08:56

VITERBO – ‘'Il 13 novembre ero uscito con gli amici e la mia compagna, siamo tornati subito a casa e lì siamo rimasti’’. Daniele Zena vive a Parigi da qualche anno, ormai. E’ ingegnere, ha sale in zucca e anche sangue freddo, gira il mondo per lavoro. E però quello che è successo quel giorno – gli attacchi, i morti, i kamikaze, la paura – non poteva lasciarlo indifferente. Oggi, passato l’impatto emotivo degli attentati, è in grado però di poter ragionare a mente fredda. Il tema è delicato: com’è cambiata la tua vita, la vita di tutti gli abitanti della Ville Lumière, da quel 13 novembre.

 

‘’Vivo sulla Rive Gauche, zona Saint Germain, e se già prima visitavo poco i quartieri a nord, adesso li evito proprio – racconta – Sono zone multietniche, dove i terroristi sanno muoversi, ma anche confondersi, o magari trovare complicità e appoggi. Così come cerco di evitare i posti isolati. In centro i controlli ci sono, magari discreti, ma ci sono: diciamo che un tipo sospetto non potrebbe passare inosservato sugli Champs Elysées’’. Ecco, i controlli: città militarizzata? Zena ci aiuta a ricondurre le cose nella giusta ottica, senza esagerazioni che possono subentrare se si vede il quadro da lontano, e con la mediazione spesso spettacolarizzata dei mezzi di comunicazione.

 

''Certo, è in vigore lo stato d’emergenza, e dunque per legge tutti i mezzi di intervento dotati di sirene possono utilizzarle senza limiti – dice Daniele – Perciò è un continuo risuonare di allarmi, ma alla fine ci si fa l’abitudine. Come mi sto abituando ormai al metal detector: quelli grandi ma anche quelli piccoli portatili. Ti controllano ovunque: io abito vicino ad un grande albergo di una catena internazionale, dove la mia compagna va sempre comprare le sigarette. Ogni volta bisogna passare sotto il detector’’.

 

Altri cambiamenti, più frivoli: ''Non sono più stato in una terrasse, cioè in quei locali, bar o bistrot, con i tavolini a vista, di fuori. Quelli colpiti dai terroristi islamici a novembre, per capirci. Lì anche un mio amico ha perduto sua zia, che era a cena e che è finita sotto le raffiche dei kalashnikov… Tutti dicono che bisogna tornare alla vita di sempre, e dunque tornare a frequentare anche i locali colpiti, o quelli più esposti. Ma come si fa a non pensare a quello che è successo e che potrebbe accadere di nuovo? Io continuo ad uscire, certo, si cerca di fare le stesse cose di prima, ma il ricordo non ci cancella’’.

 

Secondo Zena, le stragi del 13 novembre hanno avuto un impatto diverso sulla città: ''A gennaio di un anno fa ci fu l’attentato contro Charlie Hebdo, e quello fu un campanello d’allarme che però in molti non colsero, perché in quel caso i terroristi colpirono un obiettivo preciso, un giornale che faceva della satira contro l’Islam. La gente pensò: ecco, quelli che se la sono cercata. E non capirono che tutti eravamo nel mirino, cosa che poi è accaduta a novembre, quando sono stati colpiti luoghi pubblici, di divertimento, di svago’’.

 

Zena, che viaggia molto per lavoro, continuerà a vivere a Parigi: ''Ma quando torno a Viterbo, dalla mia famiglia, diciamo che mi sento più tranquillo’’.




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