ANNO 25 n° 111
''Quei tre banditi erano pronti a tutto''
Trovati refurtiva, piede di porco e nastro per immobilizzare le vittime
La fuga poteva trasformarsi in tragedia. La vegetazione ha salvato il terzo?
10/11/2015 - 10:30

NEPI – Gli albanesi che sono morti sabato sera nella Caduta del Picchio, a Nepi, erano dei ladri delle abitazioni. Ma non solo: sarebbero stati pronti anche ad andare più in là, a passare alle rapine, qualora dentro le case avessero trovato qualche presenza imprevista. Per questa ragione avevano con loro dei rotoli di nastro isolante, quello grosso, da pacchi, che immobilizza le vittime.

 

Questo materiale – insieme ad un piede di porco e ad un'ingente quantità di refurtiva – è stato ritrovato dagli investigatori addosso alle due vittime. Uno di loro, quello morto sul colpo, il cui cadavere è stato recuperato soltanto nella notte tra domenica e lunedì, aveva con sé anche i documenti personali: è stato facile identificarlo, mentre per l'altro c'è stato bisogno di ricorrere alle impronte digitali. Entrambi avevano precedenti specifici. I loro corpi, ora, si trovano all'obitorio dell'ospedale Andosilla di Civita Castellana. Del terzo, il complice scomparso, non vi sono tracce: lo cercano nelle campagne intorno a Nepi, anche con l'aiuto dei cani da caccia, gli ospedali dell'hinterland – fino a Roma – sono stati avvertiti di segnalare eventuali pazienti che si sono presentati con ferite al pronto soccorso. Che esista, questo ladro sparito nella notte della bassa Tuscia, non ci sono dubbi: lo hanno visto bene i carabinieri che hanno seguito la folle fuga degli albanesi prima lungo la Nepesina (dopo che la loro auto era stata segnalata come ''sospetta'') e poi nelle viuzze del centro storico della città, fino a via Garibaldi. A quel vicolo cieco che non ha lasciato scelta ai malviventi: volare giù o farsi prendere dai coraggiosi militari dell'arma che li avevano rincorsi fin lì.

 

Hanno scelto di saltare, magari perché traditi dalla prospettiva. Sbagliato: la Caduta del Picchio non è un gradino, ma un vero e proprio precipizio di oltre venti metri. Li ha ingannati la scarsa conoscenza della zona, e la fitta vegetazione che ricopre il pendio, quella stessa vegetazione che però avrebbe potuto attutire la caduta del terzo uomo.

 

Ma da dove veniva questa banda di ladri? Ragionevolmente dall'Umbria. Lo dice l'auto, la Golf bianca potentissima (duecento cavalli di potenza), ora sequestrata dai carabinieri. Una macchina rubata proprio in provincia di Perugia, e poi utilizzata per scendere a fare colpi nell'Alto Lazio, pendolari del crimine. Quell'auto che domenica sera gli albanesi hanno spinto a folle velocità lungo una Nepesina trafficata del traffico della domenica, delle gite fuori porta. ''Poteva essere una strage, non hanno considerato nessun rischio'', confidano gli investigatori. Anche dentro il paese il pericolo di travolgere qualche cittadino inerme è stato altissimo. Tant'è che sono stati gli stessi nepesini a indicare ai carabinieri all'inseguimento la direzione presa dall'auto: ''La collaborazione della cittadinanza è un aspetto che ci fa piacere sottolineare – dice il comandante provinciale dell'Arma, colonnello Mauro Conte – Perché i carabinieri ci sono sempre''. E stanno già provvedendo a contattare le famiglie della zona vittime di furti negli ultimi tempi, per restituire loro gli oggetti rubati.

 

Le indagini, coordinate dal pubblico ministero Massimiliano Siddi, proseguono. Così come continua la caccia al terzo uomo.




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