ANNO 25 n° 116
''Prima Pomarè, poi toccherà al figlio''
Dalle intercettazioni telefoniche, ricostruito il piano contro l'ex sindaco di Farnese
13/08/2015 - 09:44

FARNESE - Una storia di minacce, atti intimidatori, terreni difesi a colpi di lupara contro un ex sindaco deciso a far valere il principio degli usi civici. A permettere di ricostruire la vicenda che ha visto la famiglia di pastori sardi dei Pira impugnare le armi contro Dario Pomarè, primo cittadino di Farnese, sono le intercettazioni ambientali rivelate dalla testata nazionale Il Fatto Quotidiano, che tratteggia un quadro inquietante in uno scenario simile a quello della Sicilia anni '50.

 

Pomarè lotta per risolvere la questione di quegli appezzamenti occupati da anni in maniera abusiva: tra questi ci sono i 45 ettari sottratti allo Stato proprio dalla famiglia Pira, che però di pagare non vuole saperne. Scaduto il mandato nel 2009, la battaglia dell'ex sindaco continua dai banchi della minoranza, costringendo l'amministrazione ad adeguarsi ai provvedimenti da lui deliberati quando era ancora primo cittadino.

 

Siamo nel 2014, e i tre sardi, il padre Antonio e i due figli Marco e Paolo, decidono che è tempo di agire. All'ex vicesindaco Ernesto Cattaneo vengono tagliate piante di olivo e bruciato un magazzino, a Pomarè va molto peggio: cani e galline uccisi, alberi secolari abbattuti, un casale in fiamme.

 

Scattano le indagini dei carabinieri di Tuscania del maggiore Rajola Pescarini, che chiedono l'ausilio delle intercettazioni alla procura di Viterbo. Anche le forze dell'ordine finiscono nel mirino dei Pira: prima atti vandalici contro un appuntato della caserma locale, poi l'idea di contattare un hacker (un pirata informatico) per infiltrarsi nella rete degli agenti e scoprire a che punto sono con le indagini.

 

In tutto questo, dagli atti intimidatori verso i politici che minacciano i loro terreni si rischia di passare a una vera e propria strage: ''Dobbiamo sbaracchiare Pomarè'' si sente in una delle registrazioni a danno della famiglia. Sbaracchiare, cioè uccidere come un agnello. ''Non c'è altra soluzione, solo che tocca trovare i testimoni'', aggiungono poi, pensando all'eventuale alibi.

 

E ancora ''Quello che è successo non è niente, ora vedrai che gli faccio. Adesso gli tocca pure al figlio''. Non c'era solo l'ex sindaco nel mirino dei Pira. Si preparano ad agire anche contro Francesco Alloro, esponente Pd e a sua volta difensore degli usi civici. Lo pedinano, progettano di picchiarlo o addirittura ''colpirlo con una pistola''.

 

Scene da Corleone cinquant'anni fa, scene che terrorizzano la popolazione di Farnese. Per il gruppo di sardi, poi, c'è l'ossessione assoluta per le armi da fuoco. Fucili per la caccia al cinghiale, soprattutto, quelli a palla unica. Ma anche pistole e coltelli. In un'altra intercettazione Marco Pira spiega a un amico di essere alla ricerca di nuove bocche da fuoco per conto del padre:''a lui servono lunghe, corte, medie, più ne ha, più è contento. E lo sa solo lui dove sono, e ne ha anche parecchie''.

 

I tre sono stati arrestati lo scorso 28 luglio nel corso di un'operazione ribattezzata Terra Madre dai carabinieri. Un blitz che ha visto impiegati 40 uomini del comando provinciale dei carabinieri di Viterbo, due unità cinofile e un elicottero e che ha portato al sequestro di 500 proiettili a palla singola, 3 cartucciere, diversi pugnali, 1 puntatore laser notturno e 4 passamontagna.

 

Alle forze dell'ordine sono arrivati subito messaggi di ringraziamento da parte della popolazione, sotto shock per la sequenza di brutali atti intimidatori: ''Avete restituito a noi cittadini la tranquillità - si legge in uno dei messaggi arrivati - dando un forte segnale a chi delinque, facendogli capire che non sempre possono passarla liscia''




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