ANNO 25 n° 116
La storia la scrivono i vincitori
Riflessioni di Elda Martinelli, con simpatia...
30/07/2013 - 04:00

di Elda Martinelli

VITERBO - La storia la scrivono i vincitori. Non è detto che questi, però, siano sempre i potenti. O almeno lo si spera. Questo ho pensato durante e dopo lo spettacolo di sabato scorso, a Ferento: “Riccardo III” di Shakespeare, attesa tappa della tournèe estiva di Massimo Ranieri.

All’ombra (o alla luce) di domande che tutti ci stiamo facendo da tempo e ancor più in questi giorni sul potere e sulla giustizia, mi sento di fare una personalissima esternazione che possa essere non solo culturale, anche se parte da una platea teatrale. e che platea!

E così, una volta ancora, riordinerò a voce alta, con voi, i pensieri che correvano nella mia mente durante e dopo lo spettacolo di sabato scorso, a Ferento: il RiccardoIII di Shakespeare.

E’ una di quelle opere che si lasciano, giustamente, per la maturità: anche se un poliedrico e preparatissimo personaggio come Massimo Ranieri, la maturità artistica l’ha già raggiunta da tempo, senza ombra di dubbio né di declino all’orizzonte, rigenerandosi più volte, ineguagliabile“bestia da palcoscenico”… raro esempio nel bestiario di bestialità proposte, soprattutto nelle stagioni estive.

Ha già festeggiato i 40 anni di attività, tutta piena di successi e tanto impegno: anche se lui dice che “canta perché non sa nuotare”… Questi sono solo alcuni tra i miei ricordi, di sua grande fan, da ragazzina, in una Italia ipnotizzata davanti a Canzonissima, rigorosamente in bianco/nero e rigorosamente divisa a metà nel tifo per Morandi o per Ranieri. Io Napoli c’è lo dentro, ve l’ho già detto: ed anche se Giovanni Calone (cambiato il nome in Massimo Ranieri, come in uso in quegli anni ’60) cantava in italiano, trasudava napoletanità ad ogni nota. E’ il primo che me l’ha passata: è stato il mio primo mito musicale (fra di noi solo dieci anni e un giorno di differenza d’età!...). E corrono i miei ricordi in tempi ricchi di nomi e produzioni indimenticate e indimenticabili: dove lui, Massimo Ranieri, c’è sempre. Da film (altro che fiction!) come “Salvo d’Acquisto”, accanto al grande Enrico Maria Salerno (collaborazione reiterata nel tempo…) a “Metello” (diretto da Mauro Bolognini!) …al Teatro, dove si fa funambolo e giocoliere con “Barnum” passando poi per Giorgio Strheler e Bertold Brecht: fino a Maurizio Scaparro ... e alla musica (e che Musica!) con Mauro Pagani. Strizzando l’occhio al doppiaggio/Disney (era sua la voce del gobbo Quasimodo). E molto altro.

Certo, il pubblico di Ferento non è semplice! Molti applausi e molti commenti, anche qualche critica… Ma prima di addentrarmi nell’Arte, vorrei muovere io qualche critica (costruttiva) al pubblico viterbese e dare qualche consiglio agli (ancora troppo fiduciosi…) organizzatori. Vista l’inciviltà di molti di masticare e muovere rumorosamente pacchi di patatine venduti all’ingresso (…Perché? Siamo mica al circo, tra scimmie e risate: si segue un testo, un’emozione, a teatro! E’ gradito il silenzio.) e vista l’inciviltà di altri di scattare foto esibendo telefonini di ultima generazione in un ininterrotto e infastidente scrosciare di flash (nell’inutile corsa delle hostess di sala che sussurravano ogni dove “Non sono permesse foto!...”) farei, la prossima volta un opportuno avviso all’ingresso. O meglio, vista la distrazione innata nel pubblico cittadino, la farei in audio, all’inizio. Ricordando di spegnere i cellulari e soprattutto di non rispondere e parlarle pure, se per errore squillano. Passiamo all’Arte.

La prima e più profonda impressione, che ho assaporato e portato a casa, è stata quella di un grande allestimento tout court: dove l’universalità raggiunta lo portava ad essere valido per una “Antigone”… e fino a una “Opera da tre soldi”. Passando per Shakespeare.

Non chiedetemi un riassunto: impossibile seguire la quantità di nomi, cariche politiche, parentele, alleanze e tradimenti, nel testo e ancor più nell’adattamento (dai tempi compressi e soffocanti, a tratti…)

L’ambiente dei potenti di allora, corrotto e straripante vacue ambizioni, non è lontano da quello dei potenti di oggi: in questo humus, Riccardo III sa di non essere da meno degli altri ed in più ha i mezzi per poterli sottomettere al suo servizio, abile stratega e fine manovratore (di fatti e persone). Ed è anche un seduttore senza scrupoli (e donne che illanguidiscono per quel genere d’uomo c’è sempre stato, ahimé…) perverso e convincente, come forse mai il Teatro ne ha saputi descrivere: come solo la realtà (di oggi) ha saputo superare la raffinata penna shakespeariana. Perché non solo non è bello (deforme fino quasi ad apparire un mostro, nel testo originale: soltanto gobbo, nella versione presentata da Massimo Ranieri) ma anche un esperto trascinatore di folle di ignavi opportunisti, bramosi di infime aspettative. Prontamente fagocitati dal protagonista, come pedine dopo ogni mossa vinta sulla scacchiera della vita: vinta grazie anche alla loro perversa quanto cieca devozione.

Riccardo III non appare il più cattivo di altri: solo il più capace di ottenere ciò che vuole. Che è il potere. E per ottenerlo cancella ogni morale, come sempre fa l’avido di potere. Così, si muove abile e leggero (come il fumo di sigarette che riempie la scena e sale pesante sulle anime, grazie a luci mozzafiato, che sembrano parlare…) sì, si muove in un ambiente di corrotti: ma lui è il più abile tessitore di trame. E li vince. Prima di essere vinto. Perché chi vince davvero, in questo capolavoro di Shakespeare, è il male.

Questo ho letto nell’adattamento e nella regia curati dallo stesso (grande, grandissimo!) Massimo Ranieri.

Forse l’unica cosa che ha creato perplessità, in un prodotto eccellente, è stato l’errore, noto a dilettanti e professionisti, di essere protagonista e regista (nonché adattatore). Troppo: non facile dirigersi, qualcosa si perde, soprattutto se tanto si dà nella regia. Qualche gigionata un po’ macchiettistica, pennellata qua e là in qualche passaggio, forse non ci stava. Forse nell’asciugare il testo shakespeariano (tra i più lunghi e storicamente articolati, quanto complessi…) si è persa un po’ della motivazione psicologica dell’abile stratega/Riccardo: e il pubblico si è visto vomitare addosso un’impressionante e cruda sequela di omicidi efferati. Presentati in una cornice scenografica e di costumi, di luci e di suoni, colori e tempi, perfetti. Serratissimi. Grazie a collaborazioni eccellenti. Il pubblico ha visto un re Riccardo né lugubre né deforme: ma un affascinante quanto spietato uomo di potere. Niente ricostruzioni storiche circostanziate ai veri fatti: né tempo né luogo… Elegantissimi smoking per gli uomini, che precipitano lo spettatore in un sapore di “sigarette & Al Capone”, affiancati da donne con abiti di una eleganza mozzafiato, sapore “cotillons & Capucci” (bellissimi i colori scelti e la linea seducente dei costumi curati da Nanà Cecchi). Stupendo impianto scenico, su piattaforma, con efficacissime pareti cilindriche, rotanti (che nel finale, stritolano l’ormai morente Riccardo… geniale!) : ottima soluzione per favorire le atmosfere ma anche i numerosi cambi previsti (curate da Lorenzo Cutuli, già collaboratore di Maurizio Scaparro, a sua volta maestro e amico di Ranieri). Luci sbalorditive e pertinenti, che esaltavano tutto: regia, cambi, scene, costumi, parole e sussurri. Anche il fumo, come vi ho detto. Avere tanto bendiddio e saperlo usare con misura, per esaltare l’emozione senza strafare cadendo nelle “discoteche”, è sempre un valore in più! (…light designer, credo si dica oggi, Maurizio Fabretti). Dulcis in fundo, la colonna sonora del maestro Ennio Morricone, con poche note incalzanti e tanti timpani penetranti quanto le parole di un testo senza tempo… “Chi ha la coscienza diventa povero…” “Un peccato tira l’altro!” “Perché la disgrazia deve esser piena di parole?” “Non giurare sul tempo che verrà!” Fino alle frasi più celebri come “Il mio regno per un cavallo” “M’accollerò, costi quel che costi, la spesa di uno specchio…” “La storia la scrivono i vincitori”

Non è detto che questi, però, siano sempre i potenti. O almeno lo si spera. Questo ho pensato durante e dopo lo spettacolo di sabato scorso, a Ferento. Ho visto un uomo che (come tutti quelli accecati dalla brama di potere) imbonisce, recita, bleffa. Con la forza e l’adulazione (di un gran teatrante!) su gli sciocchi. Unici a crederlo e a sostenerlo. E ottiene ciò che voleva: il potere. Vince. Ma alla resa dei conti paga i suoi conti. Finalmente. Se Giustizia c’è.

 




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