ANNO 25 n° 110
Gli animalisti: ''È Sos randagismo''
Le associazioni viterbesi scrivono a Comune, Provincia e Asl per sollecitare
la programmazione di una campagna di interventi per arginare il fenomeno
17/06/2015 - 10:09

VITERBO – Problema randagi nella Tuscia, su iniziativa del presidente dell’associazione Amici animali di Viterbo, Elvia Ricci Viglino, si sono riunite le associazioni animaliste presenti sul territorio della provincia, per esaminare e valutare le ragioni dell’incremento del fenomeno del randagismo e dell’abbandono degli animali riscontrato in questi ultimi anni e delle iniziative che le istituzioni hanno adottato o realizzato.

 

A sottoscrivere la lettera, oltre a Amici animali di Viterbo, l'Oipa Viterbo e Provincia, l'associazione Mi Fido di Fido, i Volontari Rifugio Speranza Tusciamia e Incrociamo le Zampe.

 

''Al di là della campagna promossa dalla Asl e dal Comune di Viterbo per la microchippatura dei cani effettuata nel 2014 – si legge nella nota -, nella quale i volontari delle associazioni animaliste hanno attivamente partecipato, e dell’iniziativa Leavet promossa nel 2010 dalla Regione, dalla Provincia e dal Comune di Viterbo con l’interessamento dell’allora consigliere comunale Simoncini per la sterilizzazione semi gratuita anche dei cani e della quale si sono perse le tracce anche dello stanziamento di circa 20 mila euro, non risulta ci siano state iniziative analoghe indirizzate a combattere il fenomeno del randagismo''.

 

''Pur ritenendo che le cause di questo fenomeno siano diverse - proseguono le associazioni - e che, in particolare, quello dell’abbandono dei cani possa avere come denominatore comune l’attuale crisi economica e sociale, non si può non sottolineare che l’inattività delle isituzioni o meglio la loro sottovalutazione del fenomeno, costituisca una causa aggiunta. Prova ne è che il 70-80 per cento delle cucciolate di questi ultimi tempi provengano da cagne lasciate allo stato brado nelle campagne della provincia, dove non ci sono controlli e, quindi, non censite all’anagrafe canina''.

 

''Ci si chiede, perciò, - continuano le associazioni nella nota congiunta - per quale motivo si discuta ancora dell’opportunità della denuncia delle cucciolate da parte dei privati che consentirebbe di individuare e sterilizzare i cani femmina e quindi evitare alla collettività la spesa del mantenimento di eventuali cucciolate. La disattenzione o l’atteggiamento di sufficienza delle istituzioni sulle problematiche avanzate dalle associazioni animaliste e dirette a ridurre l’entità del fenomeno con conseguente riduzione dei costi sociali, rischia di far espandere il fenomeno e di conseguenza i relativi costi. L’attenzione dei privati a costituire e gestire canili è sinonimo evidente, così come accaduto per i rifiuti solidi urbani, della possiible individuazione di un non indifferente settore speculativo''.

 

Ad avviso delle associazioni, allora, uno dei progetti più importanti per la riduzione del randagismo e del’abbandono degli animali per l’immediato e soprattutto per il futuro, sia l’intervento della sterilizzazione delle femmine che consentirebbe così di controllare e regolare le nascite. ''E questo – sottolineano - non solo per propria convinzione quanto per la constatata quantità di cuccioli abbandonati, in questi ultimi tempi, sulle strade o nei pressi di canili''.

 

Infine la richiesta rivolta a Asl, Provincia, Comuni e ogni altra organizzazione volta alla tutela del benessere degli animali e della loro relazione con l’uomo: ''Le associazioni animaliste scriventi, nel deprecare e considerare come atto incivile, ignobile e di spudorata vigliaccheria l’abbandono di animali di affezione, che per fortuna è oggi considerato reato, sollecitano gli enti a programmare una campagna di interventi, sul territorio provinciale, nella espressa convinzione che ciò consentirà, in breve e sopratutto in tempi ristretti, di ridurre il fenomeno del randagismo e dell’abbandono e di produrre alcuni vantaggi come la riduzione dei danni provocati dai cani randagi, la diminuzione o almeno il contenimento dei costi di mantenimento degli animali, la riduzione o quanto meno il non aumento delle strutture pubbliche di ricovero con ovvio risparmio, la connessa riduzione del problema di igiene pubblica''.




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