ANNO 25 n° 110
Ascoltare: una qualità non comune
Riflessioni di Elda Martinelli, con simpatia...
01/10/2013 - 04:01

di Elda Martinelli

VITERBO - In questi giorni sto rileggendo il romanzo “Momo” di Michael Ende (lo stesso autore del celeberrimo “La storia infinita” dal quale è stato tratto un famoso film fantasy, a metà anni ’80: come pure da “Momo” ne ha fatto un bellissimo film d’animazione Enzo D’Alò nel 2001, con musiche di Gianna Nannini) per sistemarlo in un adattamento teatrale destinato ad un laboratorio, come richiesto da alcune insegnanti. La cosa che mi è piaciuta di più ed ho sentito più vicina (oltre al concetto di non farsi mai rubare il tempo, dagli “uomini grigi”...) è stata l’analisi, accennata in teoria nelle prime pagine e svolta poi ampliamente e concretamente con i fatti narrati, di come l’ascoltare sia una qualità non comune. E son certa che, come sottolineato nel libro, molti a questo punto diranno “…niente di straordinario: chiunque sa ascoltare!”. Niente di più sbagliato, invece. Lo dimostrano, quotidianamente nella mia vita, la moltitudine di ragazzi che incontro (grazie al teatro!) e che, regolarmente, non sono sufficientemente ascoltati a scuola o a casa. O in entrambi i luoghi: dove quindi “bruciano” in frustrazioni due terzi della loro vita, sonno escluso.

Forse per questo prolificano servizi di assistenza psicologica a pagamento: inaccettabili, secondo me, se si ha una famiglia e almeno un amico, nella vita. Eppure ascoltare (parente di “sentire”, ma in fondo molto meno impegnativo…) è dote ogni giorno più rara. Pericolosamente assente dove, per mestiere o dedizione, si opera, presumibilmente, sull’ascolto reciproco: in tempi in cui, ahimè, ci si parla addosso. E nulla più.

Eppure, secondo me, il “saper ascoltare” è il metro di come ciascuno di noi si pone nella vita: nel quotidiano relazionarsi e tanto più nel proporsi professionale. Forse per questo, della bella serata di chiusura del primo concorso “Fausto Ricci”- premio internazionale per cantanti lirici, svoltosi nella nostra città, ricorderò ai molti non presenti e ai molti presenti che lo hanno ascoltato, anche un non indifferente errore di “ascolto”.

La serata finale (aperta al pubblico, pronto a lamentarsi ogniddove per l’elevato costo dei biglietti del prestigioso Barocco… ma non così tanto numeroso, sabato sera, per un ingresso libero di interesse comunque pregevole, con giovani artisti internazionali, come pure viterbesi…) si è così tenuta presso l’auditorium Santa Maria in Gradi, di Viterbo, sabato 28 settembre: organizzato dall’Ass0ciazione artistico culturale XXI Secolo di Viterbo in collaborazione con L’Associazione culturale Da.Mu.Te.A.; con il sostegno del Comune di Viterbo e della Fondazione Carivit nonché dal Lions Club di Viterbo e dall’Associazione Amici della Musica; con il patrocinio della Provincia di Viterbo e dell’Università agli Studi di Viterbo. Prendo fiato e vado al dunque.

A parte un tocco tecnico sull’uso delle luci (abbacinanti, sulla platea, quelle di sala: non spente e puntate negli occhi del pubblico fin alla quarta esibizione! …e comunque, anche dopo, “manchevoli” per dare degna cornice agli artisti, sul palco!) la serata è stata particolarmente piacevole dal punto di vista musicale. Nonostante l’acustica da sala conferenze e non certo da teatro, l’ASCOLTO dei brani è stato gradito dai più, melomani o semplici curiosi, ognuno preferendo l’una o l’altra esibizione dei sette cantanti selezionati la sera precedente, da una qualificatissima giuria: la signora Fiorenza Chiossotto, mezzosoprano di fama internazionale già negli anni ’60 (ha lavorato accanto a Maria Callas, tra i tanti nomi più noti ai più…) presidente di giuria, accanto alla signora Virginia De Notaristafani, soprano (diretta da registi come Visconti e Zeffirelli) e ancora Alfonso Antoniozzi, baritono e regista di fama mondiale (allievo dell’indimenticato maestro Sesto Bruscantini) responsabile della cattedra di arte del recitativo alla Scuola dell’Opera Italiana di Bologna; infine Anna Maria Achilli, regista, drammaturga, attrice e coreografa (della Associazione culturale Da.Mu.Te.A.) ed il maestro Fabrizio Bastianini, noto a molti per essere il coordinatore artistico della Scuola Musicale di Viterbo e il direttore della Camerata Polifonica Viterbese, ma che pochi sanno essere laureato in sei discipline musicali (tra le quali Direzione d’orchestra, Composizione e Violino). Riprendo fiato e rivado al dunque.

In una serata così “ufficiale” (date un colpo d’occhio all’elenco di sponsor e illustri nomi dei giurati che vi ho fatto or ora!...e per nulla al mondo intendo tralasciare quello del bravissimo maestro accompagnatore, il concertista e pianista da camera Leonardo Angelini: che in molti passaggi non ha fatto rimpiangere l’orchestra…) non sono mancati gli interventi di ospiti istituzionali.

Se per taluni è apparso ridondante il prodigarsi del console del Touring Club, Vincenzo Ceniti (prezioso anfitrione in soccorso della presentatrice, invece, secondo me, generoso nel distribuire sfiziosi aneddoti e approfondimenti pertinenti Fausto Ricci, mentre la giuria era lungamente riunita per decretare i vincitori… e mi piace ricordare come, forse non è un caso, la sua propositiva e competente presenza affondi le radici nel GAD de “le Maschere”, prezioso gruppo di teatranti amatoriali, con una volontà e professionalità tali da “gestire” le stagioni di prosa dell’Unione per tutti gli ani ‘60/ inizio‘70) puntuale e precisa è stata, di certo, la considerazione di Giuliano Nisi, responsabile della Associazione culturale XXI secolo, su come si sia voluto con questa iniziativa di “concorso internazionale, ad anno zero”, portare Viterbo nel mondo, anche grazie a nomi della cultura, in questo caso musicale, nel mondo famosi più che in città. Come quello di Fausto Ricci.

E trovo che l’ASCOLTO di tante belle parole abbia impreziosito la serata.

La riservatissima figlia di Fausto Ricci, signora Gloria, in sala, non ha, invece preso la parola. Ma in certi casi parlano il silenzio e la presenza. Non hanno mancato di prendere la parola, invitati dalla presentatrice Cristina Pallotta, le autorità presenti. Tra i molti, hanno parlato il neo sindaco e il neo assessore alla cultura, che così riassumerei in: meglio il “politichese” messaggio stile “dico-non dico” del nostro Sindaco (buono per la prima giornata di campionato della Viterbese-Castrense come per la serata di apertura/chissà quando, chissà se mai più… della stagione teatrale/lirica/musicale al Teatro Unione) piuttosto che la ancor meno circostanziata quanto spericolata dissertazione del nostro Assessore alla Cultura, sul TENORE Fausto Ricci. Dimostrando che, laddove non si arriva con la competenza culturale di ciò che si dice e sulla quale si lavora, almeno evitare la gaffe (anche senza dir nulla di specifico…) o meglio ancora ASCOLTARE quanto era stato detto e ripetuto, a iosa, fino a quel momento, avrebbe “aiutato”.

Il piccolo incedente non è sfuggito alla sala, ma la serata è pur andata avanti.

E per “par condicio” (peraltro non richiesta, ma con “comparatio” che non premia alcuno!) ricordo che le precedenti amministrazioni non han fatto di meglio/di più, per il nostro illustre concittadino, BARITONO Fausto Ricci. Gli hanno dedicato, infatti, solo una traversa in fondo a via Igino Garbini (con supplemento di targa commemorativa!) lontana, dunque, dal centro storico, che forse un personaggio il quale tanto lustro ha dato, nel mondo, alla nostra città, avrebbe meritato: ma arte e cultura, si sa, non la fanno da padrona a Viterbo, “città d’arte e cultura”… e sulle scelte toponomastiche fatte in passato (vedi tangenziale, o meglio semianello, per esempio…) molto è stato già detto e ancora ci sarebbe da dire.

Forse, anche per questa non “gratificante posizione toponomastica”, non molti conoscono la vita e la gloria di Fausto Ricci, morto nella sua Viterbo, nel 1964. Voce verdiana, ma non solo, era un semplice garzone nell’impresa edile del padre, quando fu notato e avviato agli studi musicali dal tenore Francesco Marconi: nomi come il più celebre Enrico Caruso ed il maestro Arturo Toscanini lo hanno ascoltato e stimato per “la sua voce grandiosa e di una bellezza incomparabile”… ma è forse più celebre, tra i melomani viterbesi, il colorito apprezzamento “ammàzzate che pornelle!” levatosi dal loggione del suo/nostro Teatro Unione, che nel 1939 molto lo applaudì in una indimenticabile edizione de “La forza del destino”, con il suo glorioso ritorno in città dopo tournée internazionali le quali lo consacrarono oltreoceano, al Teatro Colòn di Buenos Aires, nel ruolo di Marcello, per la Bohéme, appena scritta da Puccini (lo stesso Teatro dove, in agosto, Alfonso Antoniozzi ha curato la regia di un prezioso e indimenticabile allestimento de “Le nozze di figaro”, affiancato da un altro artista, dal cognome anglosassone ma italianissimo e di fama internazionale, Davide Livermore, con le sue geniali ed efficaci scenografie in proiezione digitalizzata).

Poi, per fortuna, dopo la commemorazione per il centoventesimo anniversario dalla nascita di Fausto Ricci, lo scorso anno, si è data vita a questa bella iniziativa che ha visto, finalisti e vincitori di borse di studio (secondo inappellabile giudizio!) …al primo posto (premio città di Viterbo) il giovane baritono coreano Ahn Sebean; al secondo posto (premio fondazione Carivit) la soprano Federica Lombardi; al terzo posto (premio AVAM) la soprano Martina Chiossi; premio miglior interpretazione (del Lions Club Viterbo) alla giovanissima soprano Mariangela Rossetti (delle due arie che ciascuno ha presentato, per me, toccante la sua interpretazione de “Quel guardo il cavaliere” dal Don Pasquale, di Donizetti).

Così si è chiusa una bella serata, nell’unico “teatro” ancora, ad oggi, disponibile a Viterbo. Così si è chiuso il primo Concorso Internazionale “Fausto Ricci”, nella già fresca e inoltrata notte settembrina: e credo che l’ASCOLTO di tali note ha di certo arricchito l’animo dei presenti, che escono soddisfatti e compiaciuti. Perché ascoltare fa sempre e comunque più ricchi, nell’avere/che è conoscenza: e dunque più ricchi nel dare. Ascoltare dà pur sempre energia a chi è ascoltato, e così “amato”: ma soprattutto rende migliore chi ascolta. Questa è la forza della piccola Momo. Leggetelo anche voi, quel libro, ve lo consiglio: e buon ascolto. Sempre.




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