ANNO 25 n° 114
Addio vacanze, i viterbesi restano a casa
Colpa dell'aumento del carburante: la crisi morde nella Tuscia

Anche per i viterbesi è caro vacanze: sempre più famiglie della Tuscia decidono di non partire per le ferie. Secondo i dati forniti da Confartigianato, i consumi dei viterbesi relativi ai trasporti nei mesi estivi sono aumentati solo del 5,1% rispetto all’aumento vertiginoso che fino allo scorso anno veniva rilevato negli stessi mesi preposti alle vacanze. Nello stesso periodo, a livello nazionale, l’aumento è stato del 6,4%, l’1.3 per cento in più di quello viterbese. Ciò significa che nella Tuscia il popolo delle vacanze quest’anno ha rinunciato a muoversi più che in altre province.

La crisi morde e per andare in vacanza bisogna viaggiare, quindi affrontare il pesante aumento del costo dei carburanti che, rispetto allo stesso periodo del 2011, ha fatto registrare un secco +12,7%. Aumento che si è abbattuto anche sui prezzi dei servizi. Un’impennata con pochi precedenti che fa guadagnare all’Italia il primato negativo tra i paesi dell’Unione Europea, dove in media i costi per la mobilità delle famiglie sono cresciuti nell’ultimo anno del 4,7%.

Alla base di questo calo vertiginoso dei viterbesi che si recano in vacanza c’è il costo dei carburanti, maggiorato dall’incremento delle accise (+85%): il gasolio nell’ultimo anno è aumentato del 15,2%, segue la benzina, rincarata dell’11,9%. In pratica, fare un pieno di carburante per un’auto di media cilindrata oggi costa 11 euro in più rispetto a luglio dello scorso anno. Chi invece ha scelto l’aereo per viaggiare in Italia ha dovuto sborsare il 10,9% in più rispetto all’anno scorso. Non scherzano nemmeno i pedaggi e i parchimetri le cui tariffe hanno fatto segnare un aumento del 4,8%. I trasporti in autobus e pullman, poi, costano il 4,1% in più rispetto al 2011. Aumenti più contenuti, +1,2%, per i trasporti marittimi e sulle vie d’acqua interne.

Per coloro che comunque  possono permettersi di andare in villeggiatura, il mare si conferma la meta preferita scelta dal 49%. Seguono le vacanze in montagna, scelte dal 12,8%, quelle nelle città di interesse storico e artistico (10,5%), mentre le località lacustri attraggono il 3% .

“I nostri dati – sottolinea il segretario provinciale di Confartigianato Andrea De Simone  – testimoniano i pesanti effetti della crisi sul turismo, uno degli asset propri del nostro Paese insieme a manifattura, ambiente e cultura che sono gli autentici motori della nostra economia. Basti dire che, soltanto nell’artigianato, sono 121.905 le imprese impegnate nelle attività al servizio delle vacanze. Per questo vanno intensificati gli sforzi per rilanciare lo sviluppo, rinvigorire i consumi delle famiglie, restituire competitività alla nostra offerta turistica”.

I dati sono in picchiata anche a livello nazionale: sempre secondo l’associazione degli artigiani metà della popolazione (50,7%), non andrà  in vacanza. E il motivo prevalente di questa rinuncia, dichiarata dal 49,4% di chi è rimasto a casa,  è proprio legato a problemi di tipo economico. Una tendenza, quella di fare a meno delle ferie per difficoltà del bilancio familiare, aumentata del 33,1% negli ultimi dieci anni.




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